La montagna come ambiente scritto. Vagabondaggi.
Titolo e sottotitolo della mostra, per quanto altamente comprensibili, hanno bisogno di una spiegazione. La citazione (Adi 6 novembrio) è ripresa dai tanti graffiti che si stendono sulle pareti affrescate delle nostre chiesette di montagna, sottoscrizioni devote, segni di un adempimento religioso e che, insieme, formano
una sorta di archivio della memoria graffiata.
Ma rimanda (la stessa citazione) anche alla presenza insistita della scrittura esposta all’interno e all’esterno delle abitazioni, delle chiese, sulle rocce con la funzione di marcare il territorio, di riscattarlo al predominio della natura.
In altre parole, la mostra intende documentare il processo di diffusione della scrittura che ha trasformato, nel tempo, anche il Trentino rurale ed alpino in un ambiente scritto, segnato da un articolato sistema di segni di natura assai varia: immagini, elementi simbolici e religiosi, marchi, cifre, iscrizioni epigrafiche.
La mostra, inoltre, che non prende in considerazione l’ambiente urbano, assume la forma di un vagabondaggio in un territorio che è reale (le valli trentine a partire da quelle del Cismon e del Vanoi) ed insieme metaforico: quello di una cultura scritta in espansione.
Un vagabondaggio che incrocia tipologie di scrittura, funzioni, usi sociali, tecniche e materiali diversi. Esplora forme di scrittura, colte e popolari, esposte alla pubblica lettura, incise da artigiani specializzati (nel caso delle lapidi) o realizzate dalla mano degli scriventi comuni: intagliate nelle pietre, sul tronco degli
alberi, sulle pareti e sugli affreschi delle chiese, sui capitelli; sulla porta, sugli stipiti, sull’architrave, sull’intonaco della casa rurale.
Sono nomi, date, acronimi, invocazioni devote, memorie, frammenti di canzoni, insulti, messaggi d’amore, note diaristiche, conteggi.