Il Balcone realizzato sull’alpe Tognola dal Parco di Paneveggio rientra nell’ambito delle iniziative individuate dallo studio preliminare per la realizzazione di punti informativi del Bene Naturale, in aree hot spot delle Dolomiti. Dopo quello inaugurato sul Monte Specie, nel Parco Fanes-Senes-Braies, un nuovo tassello è stato aggiunto ad un progetto che ha l’obiettivo di promuovere la conoscenza e la valorizzazione del territorio Patrimonio UNESCO. La vista dal balcone, inutile dirlo, è mozzafiato, e spazia dalla catena porfirica del Lagorai alle Vette Feltrine passando per l’imponente gruppo delle Pale di San Martino.
Come arrivare al balcone panoramico
Il sito è raggiungibile a piedi, comodamente dall’alto della stazione di arrivo della cabinovia Tognola in ca. 15 minuti, oppure dal basso, lungo il sentiero del Panzer recentemente sistemato in ca. 1,5 ore partendo da San Martino di Castrozza.
GEOLOGIA e GEOMORFOLOGIA
Pannello 1
OSSERVANDO IL PAESAGGIO si nota subito una varietà di forme e colori che trova netta cesura quasi al centro, là dove, all’orizzonte in secondo piano, sbuca la linea di creste della Marmolada. A sinistra di questa cesura le montagne sono scure, a destra chiare: proprio il colore ce ne rivela la diversa origine.
Partiamo, a sinistra, col cercare la Cima Tognola che, da questo punto di osservazione, è l’unica testimone delle rocce più antiche non solo del Parco ma anche delle Alpi centro-meridionali: quelle del Basamento Metamorfico Sudalpino. Esso deriva dalla trasformazione di materiale precedente; nel caso della Tognola si tratta di filladi quarzifere, rocce metamorfiche derivanti da sedimenti quali argille o arenarie depositatesi 520-480 milioni di anni fa (m.a.) e poi metamorfosate dalle alte temperature e pressioni dovute all’Orogenesi Ercinica di ca. 350 m.a.
Spostando lo sguardo in senso orario, verso la successione di cime scure della Catena del Lagoraifino alla Tognazza, vediamo invece le imponenti vestigia di una storia di eruzioni ed esplosioni vulcaniche, durata 8 m.a. che dalla zona di Trento e Bolzano invasero, in ondate successive, quest’area. È quel che resta della Piattaforma porfirica atesinache aveva un’ estensione di 2.000 kmq e uno spessore fino a 2 km.
Ancora verso destra i colori cambiano radicalmente con il grigio-chiaro; l’inconfondibile bastione del Cimon della Pala apre la serie delle cime del gruppo dolomitico delle Pale di San Martino costituite per la maggior parte dalla Dolomia dello Sciliar. Essa è il risultato dell’insediarsi di vere e proprie scogliere coralline che vissero tra 235 e 230 milioni di anni fa.
Più ad Est invece, su un secondo piano, le cime del Piz de Mez, del Piz de Sagron e del Sas de Mura sono la testimonianza di aree in cui la deposizione di fanghi calcarei e di organismi marini continuarono ancora a lungo nel mare della Tetide, andando a formare altri grandi e importanti complessi Dolomitici formati dalla Dolomia Principale.
Pannello 2
ALLA BASE DEL CIMON DELLA PALA si nota una formazione ben stratificata e con evidenti pieghe: è la Formazione a Bellerophon, costituita da gessiripetutamente alternati a dolomie, calcari e marnerisultato di un ambiente di bassa laguna, quasi una salina, in un clima caldo, che a volte evaporava lasciando depositare lamine di gessi (solfato di calcio) e Dolomia: fu un lungo periodo iniziato intorno ai 260 m.a., di ripetute trasgressioni della linea di costa in una serie ciclica di deposizioni ed evaporazioni.
Le forti compressioni causate dalla collisione tra la placca africana e quella europea piegarono i sottili e teneri strati.
Più in alto si osservano i fitti strati rossastri, grigio-violetti della potente e caratteristica Formazione di Werfen; anch’essa è il risultato di un continuo alternarsi di trasgressioni e regressioni della linea di costa in quel mare tropicale dove argille rossastre e sabbie calcaree, con lamine di gesso si depositarono per 10 m.a. in una piana in subsidenza.
Sopra di essa si nota la bianca Dolomia del Serladerivante da sedimentazione in zone più tranquille e con meno apporto terrigeno dove potevano insediarsi organismi viventi.
I testi dei pannelli sono di Elena Luise e come le immagini sono stati estrapolati dai libretti geologici editi dal Parco e in vendita presso i Centri Visitatori e sul sito del Parco