In questa sezione è consultabile la documentazione relativa alla Ricerca riguardante i “danni provocati dagli ungulati alla vegetazione e alla rinnovazione forestale”. La stessa è stata avviata nel 1994 dall’Ente Parco e dal Prof. Renzo Motta dell’Università degli Studi di Torino, Facoltà di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari.
Ad oggi sono 4 le campagne di monitoraggio realizzate con la stessa metodologia. Nel corso del 2019 si procederà alla quinta ripetizione. La foresta è un ecosistema complesso, abitato non solo da alberi ma da tante altre forme di vita, come gli ungulati e i tetraonidi. Poi ci sono gli arbusti, gli insetti e tanti altri piccoli e grandi esseri viventi, ognuno con un ruolo importante nel “funzionamento” dell’ecosistema. I boschi sono l’ecosistema più diffuso nel Parco ed interessano il 45% del territorio. Tra gli animali più rappresentativi del Parco troviamo il cervo. Negli ultimi decenni il numero di cervi è costantemente aumentato a causa dello spopolamento delle zone montane, dell’abbandono delle attività agricole, dell’espansione delle foreste e della stessa istituzione delle aree protette. Ma cosa accade quando una specie rompe l’equilibrio dell’ecosistema e per qualche motivo, spesso con la complicità diretta o indiretta dell’uomo, prevale sulle altre?
Il ritorno del cervo può sembrare un processo favorevole che conferisce alla foresta una maggiore naturalità. Tuttavia, anche l’ecosistema forestale vive sul delicato equilibrio tra gli organismi che ne fanno parte. I cervidi brucano e scortecciano le giovani piante e gli arbusti, e si sfregano contro i fusti per facilitare la caduta del velluto, dei palchi o per marcare il territorio. Se il numero di cervi aumenta fino ad una soglia di non equilibrio con gli altri organismi animali e vegetali, questi ungulati possono avere un impatto fortemente negativo sulla vegetazione del sottobosco come, ad esempio, le giovani piantine di rinnovazione forestale e sugli habitat di altre specie che in questo strato vegetazionale hanno il loro spazio vitale. Come è stato accertato dalle ricerche dell’Università di Torino, il continuo aumento del carico di ungulati, con particolare riferimento al cervo, ha causato negli ultimi 20 anni una diminuzione della densità di rinnovazione forestale del 50% per l’abete rosso e il sorbo degli uccellatori e di oltre il 60% per l’abete bianco, una delle specie più appetite. Il cervo è un’icona delle foreste del Parco (è rappresentato anche nel logo) e può sembrare quindi impopolare parlare di una sua regolazione numerica. Ma questa è indispensabile se si vuole conservare un ecosistema in tutte le sue componenti e non la singola specie.
L’aumento delle popolazioni di ungulati selvatici nelle foreste delle Alpi è un tema che deve essere affrontato in modo multidisciplinare, ma anche con la partecipazione e la collaborazione dei gestori delle aree protette, delle istituzioni pubbliche e delle associazioni a seconda delle diverse competenze e ruoli.