A partire dal XV secolo, in ambito alpino inizia una lenta conversione del tipo di allevamento animale, da quello ovino si passerà a quello bovino, che si affermerà definitivamente nel secolo successivo. Alla transumanza e al pascolo delle greggi si sostituirà gradualmente una nuova forma di utilizzo dell’erba che sarà falciata, essiccata e conservata per l’alimentazione invernale delle vacche. Il maso sarà il baricentro di una economia dai caratteri assoluti, in grado di trasformare la montagna, nell’estetica del paesaggio e nella cultura. Il maso, con i suoi tabià e le sue casère, diverrà un mondo essenziale ma capace di interagire profondamente nella metamorfosi del territorio i cui risvolti sono tutt’ora evidenti, dove il prato e i suoi edifici sono gli elementi caratteristici.
In questo contesto storico si inserisce un originale lavoro di ricerca nel quale Gianfranco Bettega tratta alcuni particolari aspetti delle scritture popolari, dei segni, dei marchi e dei numeri con i quali le popolazioni di Primiero hanno codificato alcuni elementi dell’architettura tradizionale.
“Una parte importante, con strutture e forme caratteristiche, di questo ambiente scritto sono i cosiddetti milèsimi: lunghe sequenze di lettere, cifre e simboli…” che osservati con l’occhio profano assumono l’aspetto di veri e propri rompicapo.
I milesimi sono quindi dei codici la cui interpretazione ci restituisce le esatte coordinate dai quali ricavare precise informazioni sull’edificazione e la proprietà.
Una forma stilizzata di comunicazione che nel tempo, come vedremo nel lavoro, si evolverà nelle forme e nei significati con importanti implicazioni dal punto di vista antropologico.
Il simbolo del Monte e la Croce (soprannominati dagli studiosi: Calvario o Golgota), diverrà nel tempo un elemento caratterizzante, pur se non esclusivo, della comunità che ha abitato una parte del territorio di Primiero.